Destinazione d'uso: cos'è

In questo post cercherò di sintetizzare cosa si intende quando si parla di "destinazione d'uso" e perchè è importante conoscerla e capire cosa la determina.
Se stai acquistando un immobile, oppure vuoi fare il cambio di destinazione d'uso o, ancora, pensi che il Catasto ti dica qual è la destinazione d'uso di un immobile, ti consiglio di continuare a leggere!

La destinazione d'uso di un bene immobiliare è ciò che identifica la funzione di quel bene, ovvero lo scopo per il quale è stato progettato e per il quale la Pubblica Amministrazione (il Comune, per intenderci) ne ha autorizzato l'edificazione.

Il Decreto 33/2014 identifica 5 destinazioni d'uso:

1) residenziale: immobili la cui superficie è utilizzata prevalentemente per uso abitativo

2) turistico-ricettiva: hotel, strutture ricettive di vario genere, campeggi, ostelli

3) produttiva e direzionale: industrie, laboratori artigianali, studi professionali, uffici, sedi di banche e società di servizi

4) commerciale: negozi, attività commerciali in genere, bar e ristoranti compresi

5) rurale: agriturismi, allevamenti, strutture destinate alla produzione agricola, alla coltivazione, abitazioni rurali, serre.
Attenzione, ciò che determina la destinazione d'uso non è l'effettivo uso che il proprietario fa del bene, bensì la destinazione che a livello urbanistico gli è stata assegnata, previa richiesta in fase costruttiva.

Se nel corso del tempo si desidera cambiare la destinazione d'uso di un fabbricato o di sue parti, devi sapere che in linea generale il cambio di destinazione d'uso è ammesso solo se:

- l'immobile possiede le caratteristiche obbligatorie per legge per la nuova destinazione richiesta (ad esempio il rispetto dei requisiti igienico-sanitari)

- il Piano di Governo del Territorio (P.G.T.), ovvero lo strumento di pianificazione urbanistica, ammette quella specifica destinazione d'uso in quella zona e, ancor più nel dettaglio, in quel fabbricato;

- nel caso in cui l'immobile fosse all'interno di un contesto condominiale, il regolamento condominiale consente il cambio d'uso desiderato.

Annoto che c'è sia la possibilità di cambiare la destinazione d'uso nel corso dell'esecuzione di opere di ristrutturazione (ne ho già parlato in questo post), sia quella di fare il cambio d'uso senza opere (te ne parlo qui).

Il cambio d'uso si definisce "rilevante" quando prevede di passare da una all'altra delle cinque categorie sopra descritte.

Ad esempio se voglio trasformare dei locali adibiti a istituto bancario in locali che ospitino uno studio legale, il cambio di destinazione d'uso non è rilevante perchè si resta sempre all'interno della stessa categoria (produttiva e direzionale).

Se si "esce" dalla categoria per "entrare" in un'altra, invece, si definisce rilevante perchè è possibile che il contesto urbanistico in cui l'immobile si colloca venga gravato dal cambio di destinazione.



Immaginiamo, ad esempio, un fabbricato residenziale che si trasforma in uffici o in un bar: il carico urbanistico evidentemente aumenterà.
Per "carico urbanistico" si intende l'effetto che questo cambiamento d'uso produce attorno a sé in termini di necessarie strutture e opere collettive, influenzate dal numero delle persone che dovranno accedere e usufruire di quel locale o servizio, o bar.

In questo caso, il cambio di destinazione d'uso sarà oneroso, cioè vincolato al pagamento di un corrispettivo che consenta di "compensare" in qualche modo il maggior carico urbanistico che si genera.

Gli oneri di urbanizzazione hanno infatti la funzione di far partecipare il costruttore ai costi delle opere di urbanizzazione (parcheggi, strade, fognature...) che devono essere realizzate a servizio del suo fabbricato, in modo proporzionale ai benefici che la costruzione ne trae.

Nel caso di cambio di destinazione d'uso vanno perciò valutati i contributi di ogni "categoria" e confrontati, per capire se si sia in debito nel passaggio da una destinazione all'altra.

Quando si richiede il cambio di destinazione d'uso, infine, bisogna tener presente che, in Lombardia, l'art. 52 della L.R. 12/2005 stabilisce che il contributo concessorio va applicato in misura massima corrispondente alla nuova destinazione, anzichè come differenza tra le due destinazioni, nel caso in cui nei 10 anni precedenti alla richiesta di cambio di destinazione d'uso l'immobile sia stato interessato dalla fine di lavori edilizi.

In tal modo il legislatore scongiura la possibilità che si cerchi di eludere il pagamento di tali contributi facendo prima opere edili "preparatorie" per la nuova destinazione e, a seguire, la richiesta di cambio di destinazione.

Poichè le cifre in gioco possono non essere irrilevanti, ti consiglio di affidarti a un tecnico della tua provincia che sappia prestare la massima attenzione a tutti gli aspetti che qui ho solo accennato, facendo le opportune ricerche che consentano di ricostruire la storia dell'immobile.

La stessa raccomandazione vale per chi vuole acquistare un immobile: farsi affiancare da un tecnico specializzato in materia significa non rischiare di acquistare ad esempio uno studio professionale convinti che sia un appartamento o che lo si possa trasformare in appartamento.

In ultimo, spero sia chiaro che la destinazione di un immobile non è affatto connessa al Catasto e alla visura catastale, che altro non è che una mera conseguenza di tutta la questione urbanistica della quale ti ho parlato.

Se vuoi fare un cambio di destinazione d'uso e non hai accertato se si possa fare (e a che costi) o se stai acquistando un immobile e vuoi essere certo della destinazione di ciò che acquisti, prenota un appuntamento telefonico o video con me.


Un caro saluto,
Federica Brodini