Non è inusuale, infatti, voler trasformare un immobile direzionale in residenziale o viceversa.
In questo caso parleremo di una trasformazione che non richieda opere di natura edilizia; quindi il caso di un intervento leggero, come potrebbe essere la trasformazione di un'abitazione in uno studio professionale.
Diverso è il caso più "massiccio" laddove siano richieste opere, delle quali tratterò in altro articolo dedicato.
Il cambio di destinazione d'uso senza opere dunque è, anzitutto, una procedura di natura urbanistica, alla quale si fa seguire la regolarizzazione dal punto di vista catastale.
Si tratta di una procedura amministrativa che viene definita "semplice", ma che di fatto richiede comunque l'ausilio di un tecnico.
Anzitutto devono essere fatte le opportune verifiche di natura urbanistica, per appurare se lo strumento di pianificazione urbanistica consenta quel tipo di destinazione nella specifica zona e, più ancora, nel fabbricato interessato.
La procedura che sto per descrivere è relativa a Regione Lombardia e fa riferimento alla L.R. 12/2005, art. 52.
Per altre regioni, fare riferimento alla specifica normativa di zona.
Successivamente, a verifiche andate a buon fine, va considerato se negli ultimi 10 anni (a ritroso, dunque) sull'immobile sia stati effettuati interventi edilizi (quindi attività edilizia che vada oltre la semplice ordinaria manutenzione).
Nel caso in cui siano stati eseguiti lavori andrà corrisposto il contributo di costruzione nella misura massima relativa alla nuova destinazione (es. direzionale).
Diversamente il contributo si "limiterà" a colmare la differenza onerosa (oneri di urbanizzazione primaria e secondaria) tra la vecchia destinazione d'uso e la nuova destinazione d'uso (es. oneri direzionale - oneri residenziale). Essi variano a seconda delle quote per mq. stabilite dall'Amministrazione Comunale.
Nel caso del passaggio inverso, da direzionale (esempio uffici) a residenziale, solitamente il "saldo" è in negativo, quindi non è dovuto alcun contributo.
Nel passaggio da residenza ad ufficio l'unità immobiliare in qualche modo può generare un aggravio del carico urbanistico, per esempio con il transito e la sosta di un numero maggiorato di automobili.
Per tale ragione è richiesto di verificare che vengano rispettate o che in alcuni casi vengano maggiorate le superfici a parcheggio.
Ciò in base a quanto previsto dallo strumento di pianificazione territoriale, che normalmente le determina in percentuale rispetto alla superficie lorda di progetto del fabbricato nel suo complesso.
Altro nodo critico, accertarsi che siano rispettati i requisiti di abbattimento delle barriere architettoniche, che possono essere differenti a seconda della tipologia di attività che si andrà ad insediare nei locali.
Si spazia dall'accessibilità, alla visitabilità passando per l'adattabilità.
Anche in questo caso credo appaia chiaro che sia indispensabile avvalersi di un tecnico che si sappia districare trasversalmente in materie che vanno dall'urbanistica all'edilizia, con una chiara conoscenza della (sempre trascurata...) normativa in tema di barriere architettoniche...che in questo caso ha un ruolo non trascurabile nel determinare se la conversione d'uso si possa o meno fare!
Infine la pratica dovrà essere corredata da una serie di documenti, qui di seguito elencati a puro titolo informativo, ma da verificarsi caso per caso e Comune per Comune:
- Copia estratto del P.G.T.;
- Copia della planimetria catastale;
- Copia della visura catastale;
- Planimetria quotata dell'immobile, indicando destinazioni d'uso dei locali, superfici, rapporti aeroilluminanti, posizione dei sanitari, eventuali canne fumarie.